Ho letto con molto interesse il libro “Una Stella In Trincea” di Alessandro Demaria.
La lettura di questo libro mi è apparsa culturalmente impegnativa, sebbene gradevole e coinvolgente. Peraltro, sembra che il contenuto dell’opera, si presta bene a varie interpretazioni. Io voglio illustrare le sensazioni che il libro ha suscitato in me, sperando di non essere troppo fantasioso. Non essendo un critico letterario non posso entrare nel merito alla potenzialità ed alla validità artistica e letteraria del libro quindi mi limito al messaggio che ne ho colto personalmente. Tuttavia, dato che il libro l’ho letto, posso affermare tranquillamente che è un racconto davvero intrigante e che si legge molto bene perchè, è scorrevole, è limpido, piace, insegna qualcosa e trasmette messaggi positivi, per cui mi voglio prendere la responsabilità di affermare che il libro è molto valido. Sarà compito degli esperti dare il giusto parere letterario. Mi piace cogliere altresì la spiccata fantasia dell’autore che è riuscito ad imbastire una serie di eventi, episodi e momenti di vita, che nel corso della propria storia personale, probabilmente, molta gente comune può aver vissuto ed essere rimasta coinvolta. Non è assolutamente secondario il contenuto culturale che l’autore ha impresso nel racconto. Il libro non è carente di nulla. Gli elementi fondanti del romanzo, mi sembra che siano due: il libro e la stella. Soprattutto la stella che accompagna il soldato nella sua personalissima avventura e rappresenta la vera “via d’uscita”. Per quanto riguarda il libro dice l’autore: “Grazie al contenuto di quel particolarissimo volume e alla forza dell’amore per la sua adorata stella intraprende un viaggio straordinario, appassionante, ricco di sfide personali e al contempo culturali, che lo porterà a ritrovare non solo una via d’uscita, ma anche la propria armonia con la vita”.
Concordo! Una Stella In Trincea non è solo un libro; è un “particolarissimo volume” (qui scaturisce una delle mie interpretazioni possibili ma comunque, la più attendibile). Il protagonista in quel bunker, per la prima volta nella vita, nelle vesti di un soldato ferito, si ritrova da solo con se stesso e considera la sua stella come una guida immaginaria…eppure costantemente presente, anche nei momenti più tristi e bui che minano persino la sua esistenza in vita.
Egli finalmente trova il tempo ed il modo di scrutarsi, di conoscersi, di interrogarsi, di interpretarsi e di capire chi sia…ritrovando se stesso; percorrendo un cammino introspettivo dentro di sè ed ha trovato le cose che ivi giacevano: i suoi sentimenti, i suoi valori, i suoi principi, la sua dimensione umana, il suo essere persona, le sue spinte interiori… insomma egli ha potuto tracciare un profilo di se stesso.
Sono state queste, le cose che gli hanno dato la forza, il modo e la maniera di uscire da quella confusione che era stata la sua vita precedente. La “via d’uscita” dalla Trincea, (Nella quale ognuno di noi può ritrovarsi) non è intesa come incolumità fisica del soldato ma, secondo me, è intesa come l’uscita del suo caos interiore. Questa nuova dimensione gli ha consentito di trovare uno stato di serenità utile a fargli ritrovare “l’armonia con la vita”. In questo fantasioso quadro, riveste un ruolo importante la tanto decantata “Stella”. La “via d’uscita” è rappresentata proprio dal raggiungimento della stella. Quella stella era la sua meta immaginaria perché è collocata al di sopra delle asperità della vita terrena; era ciò di cui il soldato aveva bisogno. Il protagonista aveva bisogno di liberarsi proprio del groviglio che la vita terrena ha rappresentato per lui ecco perché si aggrappa ad una stella ed ecco perché, attraverso quel: “Altro parlare con se stesso” è riuscita a guardarsi attorno ed allo stesso tempo a leggersi dentro fino a per capire chi era e cosa voleva. Insomma, si è psicoanalizzato. Questo mi ha portato ad accostarlo al film: “Don Camillo e l’onorevole Peppone”. Quando Don Camillo parlava col Crocifisso e ne riceveva delle risposte. In realtà Don Camillo non parlava col Cristo ma parlava con la sua coscienza.
Il protagonista di Una Stella In Trincea trova “l’armonia con la vita” allorquando riesce a codificare e mettere ordine alle sue potenzialità e a darsi una collocazione su questa terra che pure era obbligato a vivere. Tanti sono i dettagli che mi hanno suggerito questa interpretazione. Dettagli, che sarebbe molto lungo e dispersivo riportarli tutti qui di seguito; farlo, sarebbe inutile ed estenuante. Peraltro, sono contenuti nel libro: basta leggerlo. Un’altra possibile interpretazione, in qualche modo riguarda l’accostamento a: “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” di foscoliana memoria. Come Ugo Foscolo ha composto un romanzo autobiografico, cosi il nostro protagonista ha composto il suo romanzo autobiografico.
Un’ultima ma importante interpretazione che mi ispira Una Stella In Trincea, è quella di una forma di psicoanalisi che l’autore propone e suggerisce ad ognuno di noi, qualora dovesse avere bisogno di questa terapia. Stando all’epilogo del libro, c’è da scommettere che funziona.
Sono questi i motivi per cui, all’inizio di questa recensione, ho adottato il termine: “coinvolgente”, perché in un modo o nell’altro, chi più chi meno, può toccare tutti.
Ribadisco, non ho la pretesa di affermare che questo piccolo ma intenso libro sia un evento letterario, quanto esposto è dovuto al fatto che la lettura delle pagine di questo racconto ha realmente suscitato in me queste sensazioni.
In circa 150 pagine, l’autore Alessandro Demaria ha offerto un’infinità di cose pronte per essere colte dal lettore, basta volerlo, ognuno secondo una propria visione. Io ho colto quelle che ho appena segnalato. Lascio a voi l’opportunità di cogliere le vostre. Mi sento di ringraziare l’autore e di complimentarmi sinceramente con lui.
Antonino Bonaccorso e mail:ninobonazza@alice.it